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Live Report Italian Embassy

Captain Quentin, ChioggiaLab, 12.12.08

Dicembre 14, 2008

La stazione di Chioggia, sesta città del Veneto e per di più a vocazione turistica, praticamente non esiste.

Esiste il suo piazzale invece, e sotto la cisterna dell’acquedotto un piccolo luogo fortunato del recupero cui è stato sottoposto: da un anno e mezzo lo spazio sociale Chioggialab si è trasformato in studios per le trasmissioni di Radio Sherwood, sala prove in uso ai No Seduction e, soprattutto, venue per concerti indoor d’inverno, all’aperto d’estate. Di qui sono passati in un lasso di tempo relativamente breve nomi quali Le Luci della Centrale Elettrica (periodo “demo”), Picastro, Canadians, Annie Hall, Beatrice Antolini, Bob Corn, Giuliano Dottori, Diabolico Coupé e tanti altri, fino al recente exploit per i Kobenhavn Store e al live di ieri sera, protagonisti i calabresi Captain Quentin: grazie a una sapiente politica di ricezione dei day-off e di rifugio per scelte emergenze last minute, la piccola riserva alle porte della città intende valorizzarsi anche a venire, cominciando dal doppio, succoso appuntamento prenatalizio con Il Moro e il Quasi Biondo + Captain Mantell di sabato prossimo, più un paio di trash party in ambiente ‘80 e ‘90 a cavallo dell’anno.

 

Captain Quentin, si diceva. Tanto determinati quanto organizzati nel loro bianco van che ha risalito la penisola stipato all’inverosimile, capaci di far scendere nuovi spettatori rispetto allo zoccolo duro del centro, questo riunitosi alla spicciolata sul far delle 23, tra vento e pioggia. I cinque abrasivi martelli pneumatici di Taurianova, powered by Partyzan Booking, stanno per promuovere i cinque pezzi di una ventura uscita dal titolo (provvisorio?) “Mai stati sulla Luna”, a vantaggio della quale non risparmiano nella movimentazione mirata delle tracce, in Italia e all’estero: il loro math rock di matrice chicagoana si è venuto addolcendo, nelle ultime epifanie, con robusti inserti di sintetizzatore space-age che portano liquidità nella geometria. Gente con le idee chiare e l’impegno assiduo che anche per le difficoltà oggettive di operare in un contesto spesso dimenticato meriterebbe considerazioni ben maggiori, anche dai cultori di un genere che nello stivale sta trovando ulteriori interpreti (Three In One Gentleman Suit, Venezia, Aucan, Amavo, Uber, Action Dead Mouse).

Tanto dosati in studio, quanto possenti sopra il palco: l’ “entertainer” Michele Alessi e i suoi sciorinano una dimostrazione di forza già dalle prime note, che immediatamente portano all’headbanging e al piede in cadenza manco ci si trovasse in un basement newyorkese anziché in uno squat lagunare. Ai musicisti dai titoli bizzarri (A spintoni nell’attualità, La distanza inverte il semaforo, Bobcat, Ti sei mai chiesto quale funzione hai?) basta partire per arrivare col tom tom automatico, essendo ogni struttura affinata in sincronia senza lasciare campo ad alcuna possibilità alternativa di improvvisazione. Solo la batteria non è amplificata, ma il muro di chitarre e le devianze della tastiera portano alla definizione di un “sistema musicale” che da un lato poggia sulla fuga dall’hardcore fugaziano, dall’altra abbraccia ritmi postpunk cari agli ultimi Red Worm’s Farm.

Gli spettatori gradiscono, tanto che alla fine le copie di “Certe cose determinate” passano di mano, sospinte anche dal prezzo economico, mentre fuori l’acqua scende e dentro si espandono le venature electro-chic selezionate da Rock-oh e Dade. Il van calabro marcia nella notte verso Padova, donde stamane i Quentin sono ripartiti alla volta del concerto di Lecce, tutta una nazione per amore della propria creatura collettiva. Lasciando nella gente di mare la sensazione di una band adulta, già pronta per l’incontro con platee internazionali e matura per la firma di un contratto discografico che sia di reciproco favore.